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Il cappello sulla valigia

Il cappello sulla valigia..

Fu una vacanza meravigliosa. I preparativi erano eccitanti.

Enrico mi regalò anche un cappello di paglia per ripararmi dal sole.

Lui aveva viaggiato tanto più di me. Io non glielo dissi, ma i cappelli non li preferivo. Mi facevano sudare.

Il giorno che partimmo mi calai nel ruolo. Gonna svasata bianca stretta sui fianchi, maglietta a righe orizzontali bianca e blu chiusa dietro da bottoncini, scarpe con zeppa di corda e lacci incrociati alla caviglia. Il cappello sulla valigia. Mi sentivo molto bon ton.

Enrico aveva pantaloni e camicia, in lino, azzurro il primo e bianca a righe celesti la seconda. Scarpe di camoscio sportive. In tono.

Sbrigammo le formalità e salimmo in cabina. Ampia, accogliente e lussuosa, con il balcone. Sembrava di essere in un albergo sulla terraferma. Il letto matrimoniale come piaceva a me, con il materasso alto. Qualche volta che mi era capitato di dormirci mi era rimasta impressa la sensazione di sentirsi avvolti.

Si modellava attorno al corpo.

Enrico volle subito aprire la bottiglia che aveva trovato nel secchiello del ghiaccio. Aveva l’abitudine del brindisi. C’era sempre un buon motivo per festeggiare. Spesso, alzando il bicchiere, diceva “a noi” e mi guardava in cerca di complicità.

Ci sedemmo sulle poltroncine esterne. Avevo quasi imparato a bere anche io.

Facemmo un giro esplorativo della nave, eravamo già partiti. Mi piacque il pensiero di quella enorme casa galleggiante: spazi grandi e ben arredati ed altri intimi e un po’ retrò, con le poltrone dallo schienale alto e rigido di fronte all’ oblò. Mi guardavo intorno, leggermente spaesata. Dappertutto gente allegra e sorridente. Enrico, camminando, mi teneva il braccio sulle spalle.

A cena avemmo un tavolo solo per noi. Pietanze raffinate e servizio impeccabile.

Enrico chiese: “Sei felice?”

Risposi di si. Era vero. Lo guardai tra i calici del vino. Rividi l’immagine di lui seduto ad aspettare il suo turno, alla posta. Quel giorno mi era sembrato un uomo spento, anche un po’ trascurato. Ora, invece, mi appariva come un brillante prezioso.

Ci trasferimmo al piano bar sotto le stelle. L’atmosfera era serena e rilassata. Piacevole. Mi sentivo piena di aspettative.

Enrico si inserì in una conversazione con delle coppie al tavolo accanto. Si alzò per presentarsi e con un cenno della testa mi invitò a fare altrettanto.

“La mia compagna” disse e sorrise.

Non riuscii a memorizzare neanche un nome. Mi capitava spesso.

Ero distratta. Lo sentivo parlare della stessa crociera compiuta una quindicina d’anni prima. Di come erano cambiate le navi ma di come il fascino fosse rimasto lo stesso. Gli occhi delle persone erano puntati su di lui.

Sorrisi e tornai a sedermi. Venne anche lui. Al cameriere ordinammo un cognac ed una crema di caffè. Enrico mi invitò a sentire l’odore del liquore. Intenso, forte.

“Dai Angela, saggialo”.

Con cautela ne presi un piccolo sorso. Mi bruciò la gola.

“Buono, eh?”

“E’ forte” risposi. Non mi piaceva per niente, neanche l’odore, ma non glielo dissi. “Con chi eri alla crociera di quindici anni fa?”

“Con mia moglie e i ragazzi, con chi sennò?”

Pensai che non era stato bello averlo ricordato in mia presenza.

“Che sciocca che sei…. Ma anche tanto cara!” Mi accarezzò la guancia e mi invitò a guardare la luna.

“Vedi come è romantica?”

Alzai gli occhi. Era bellissima. Tonda, piena, lucente. Non l’avrei definita romantica. Sorrisi, senza parlare.

Tornando in camera, mi piacquero i nostri passi felpati sulla moquette, i corridoi lunghi e stretti, le porte chiuse delle stanze. In ognuna, era racchiusa una storia.

Enrico era su di giri, felice ed eccitato. Volle fare l’amore. Spensi l’interruttore nella mia testa e lo seguii.

La mattina successiva avevamo attraccato. Dopo la colazione scendemmo sull’isola per un’escursione. Indossai il cappello. Enrico mi guardò sorridente e soddisfatto.

Fu un bel giro, viuzze strette, case bianche dal tetto blu. Camminavamo tenendoci per mano. Con noi c’erano anche le coppie della sera prima. Enrico scherzò con loro. Finalmente arrivammo in spiaggia. Ero sudatissima. Bagno nell’acqua cristallina.

Mi aspettavo tanto da quella vacanza.

Quando, dopo il tramonto, la costa si accese di mille lucine e mi sembrò di guardare un presepe, avvertii una sensazione di dolcezza mista a malinconia. Quella vista era la mia idea di romanticismo.

Cercai il corpo di Enrico, infilandomi con la spalla sotto il suo braccio e stringendomi a lui.

Mi baciò sui capelli.

(14 continua)

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Antonietta Polcaro

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Antonietta Polcaro
Tags: Enrico

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