Carciofi alla giudia, una ricetta da preparare almeno una volta nella loro stagione: cotti assomigliano a dei fiori sbocciati e le foglie sono croccanti come patatine.
I carciofi alla giudía sono un tipico piatto della cucina ebraico-romanesca. La ricetta originale consiste, fondamentalmente, in una frittura di carciofi.
I carciofi alla giudía hanno origine molto antica, visto che vengono citati anche in ricettari e memorie del XVI secolo. Si tratta infatti di un piatto di derivazione romana, nato più precisamente nel ghetto ebraico della capitale.
Per realizzare questa ricetta è necessario utilizzare rigorosamente i carciofi cimaroli (detti anche mammole) che sono i migliori della varietà “romanesco” coltivata fra Ladispoli e Civitavecchia. Questo tipo di carciofo risulta essere tondo, particolarmente tenero e, soprattutto, privo di spine. Grazie a quest’ultima caratteristica i carciofi alla giudía, una volta cotti, possono essere consumati integralmente senza scartare nulla.
I carciofi alla giudia hanno una storia molto interessante. Si racconta infatti che, Papa Paolo IV stabilì nel 1555 con la bolla “Cum nimis absurdum” – (“Poiché è oltremodo assurdo” in lingua latina) – pesanti limitazioni e obblighi per tutti gli ebrei, come l’imposizione di portare un distintivo giallo, il divieto di possedere beni immobili e per i medici ebrei di curare i cristiani. Perciò, tutte le persone di religione ebraica furono costrette a vivere in luoghi separati da chi professava la religione cattolica.
Nacque così il ghetto di Roma, uno dei quartieri più belli della Capitale. Qui trovarono ospitalità anche gli ebrei di Spagna e Sicilia, cacciati da Isabella di Castiglia nel 1492. Spagnoli e siciliani portarono a Roma le ricette nate nei loro luoghi di provenienza e ne crearono anche di nuove. Partorite dalla convivenza di 3 comunità diverse ma unite tra loro dall’esilio.
È in questo clima che presero vita di carciofi alla giudia, fritti due volte in olio d’oliva, conditi con sale e pepe e dalle particolari sembianze di una rosa aperta.
Si dice che questo piatto fosse preparato dalle massaie ebree – che utilizzavano esclusivamente il carciofo romano della specie “mammola”, tondo e senza spine, tipico del Lazio – per essere consumato principalmente alla fine della celebrazione ebraica dello Yom Kippur o Giorno dell’Espiazione.
Una giornata caratterizzata dalla sola preghiera e dal digiuno assoluto, in cui viene fatto divieto di mangiare, bere, ma anche di svolgere una qualsiasi attività.
Questa specialità ebraica fu così tanto apprezzata anche dai romani che si recavano a mangiarlo nel ghetto appena ce ne fosse l’occasione.
Furono proprio i romani infatti a chiamare questi carciofi fritti “alla giudia” e cioè “alla giudea”. Anche se secondo alcuni “alla giudia”, potrebbe essere semplicemente un sinonimo di carciofo fritto, vista la diffusione della frittura – l’olio era un lusso per pochi – nella gastronomia ebraica di quel tempo.
Altri sostengono invece, che i carciofi alla giudia siano un contorno diffuso durante il Pesach, la Pasqua ebraica e non quindi, una tradizione del giorno dell’espiazione – che di norma cade tra settembre e ottobre e più precisamente, nel decimo giorno del mese ebraico di Tishri – mesi in cui di carciofi proprio non ce ne sono!
La cucina ebraica del Ghetto era una cucina ricca e raffinata, composta da ottime proposte di pasticceria: come la torta alla ricotta o i biscotti secchi, e i golosi fritti come: i fiori di zucca ripieni di mozzarella e alici, il baccalà o appunto i carciofi.
Il carciofo romanesco, chiamato comunemente mammola, è un versatilissimo ortaggio laziale assolutamente tipico della regione. Il suo gusto e le sue caratteristiche lo rendono ideale per preparare piatti da leccarsi i baffi.
Questa videoricetta nasce per caso. Il sabato pomeriggio antecedente il giorno di Pasqua scesi al supermercato sotto casa. Ero svogliata e triste. Avrei trascorso la Pasqua da sola con mio marito. Per la prima volta in assoluto senza le mie due figlie, ad eccezione di quando Alessia era stata in Cina a studiare. E nemmeno senza mia sorella e la sua rumorosa famiglia.
In realtà avevo bisogno solo di uova, farina, insalata e frutta. Per il pranzo di Pasqua avevo programmato agnello con patate e un po’ di dolci.
Avvicinandomi al banco delle verdure, vidi questo bellissimo mazzo di carciofi, pieno di rigogliose foglie verdi. Mi sembrò un segnale della natura, una scossa alla mia tristezza ed incurante del fatto che fosse un mazzo da otto lo comprai! Erano pure in offerta!
Arrivata a casa, li misi in una bacinella con l’acqua sul balcone, in un posto sempre in ombra.
Li faccio oggi, no meglio domani, si vabbè ma abbiamo mangiato troppo, forse se li facciamo fritti è meglio dopodomani, e così siamo arrivati a giovedì.
Che la doppia frittura li renda croccantissimi e permetta così di mangiare comodamente le intere foglie, è conoscenza di tutti. Ma quali sono i trucchi per fare carciofi alla giudia perfetti?
Questa buonissima ricetta della tradizione romana ci riporta indietro nel tempo e ci fa assaporare un gusto naturale, fatto di prodotti semplici della campagna. Adoro riscoprire certe ricette, anche di culture e tradizioni differenti dalle mie irpine, perchè mi regala sempre tanto conforto nel ripensare a quelle della mia infanzia, alla cultura contadina e alla bontà della nostra terra.
Spero che questa ricetta e i miei consigli vi siano utili per preparare i carciofi alla giudia al meglio. Vi lascio qualche altra ricetta che potrà tornarvi utile in questo periodo, come la pizza con l’erba o la frittata di patate con le cipolle.
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