Le ciambelle strozzose sono simili ai taralli di Pasqua: differiscono per qualche ingrediente e nel procedimento, ma tante cose in comune. Le marchigiane strozzano, i nostri ‘nzuccano!
La ricetta delle ciambelle è di Michela Gullini, marchigiana, di Tolentino.
Michela ha un laboratorio di pasticceria presso Tolentino, si chiama La volpe e il burro. Fa dolci molto buoni ed è possibile ordinarli.
“La ricetta è quella della tradizione. Salvo rare eccezioni, è sempre così, da sempre. Io ho solo codificato quello che prima veniva fatto a cucchiai o a pizzichi. 10 uova medio grandi (650 grammi, pesate col guscio), 50 grammi di zucchero, 50 di olio di semi, 50 di mistrà o anice secco, 850 grammi di farina w 280/290 (70% di 360/380 w, 30% di 180 w) un bel pizzicotto di sale, 4 grammi di lievito dedicato (2 grammi ammoniaca, 1 grammo di bicarbonato, 1 di lievito Angelo), scorza grattugiata di mezzo limone. La quantità di farina può variare un po’, in base a quanto assorbe, ma se rispetti la forza, non dovresti aver bisogno di aggiunte. Prendi la ciotola della planetaria e batti bene le uova con zucchero e sale.
Aggiungi l’olio e monti ben bene. Aggiungi la prima farina, circa 1/3 del totale, miscelata all’intruglio di lievito. Gliela fai prendere, poi ti fermi, gli butti sopra il secondo terzo di farina e, sopra la farina, metti il mistrà. Liquore, mai a contatto diretto sull’impasto, sennò cuoce le uova. Monti bene poi togli la frusta a fili e metti il gancio a spirale.
Aggiungi la farina restante e fai andare la macchina. Ogni tanto ribalta, ma sostanzialmente puoi fare le tue cose: lavi quello che hai sporcato e metti sul gas una pentola grande, piena di acqua. Non hanno bisogno di chissà quali particolari accorgimenti, durante la lavorazione. Devono essere morbide ma belle lisce.
Quando è pronto, ti sposti sul piano di lavoro leggermente unto di olio e formi le palline, io le faccio da 250 grammi, ma c’è piena libertà sulla pezzatura. Fai la Pallina, buco in mezzo, allarghi e metti su un quadratino di carta forno. Bollitura: questa fase è quella fondamentale. Quando l’acqua è a 90 gradi, mettile giù con la carta, così non si attaccano sul fondo. Devono lessare a 85 gradi, mai di più. Se crescono troppo in acqua, poi la proteina degrada, il lievito inizia la reazione a caldo e non crescono in forno.
Pezzi da 250 grammi, cuociono 25 minuti. Più piccoli, un po’ meno. Vanno girate ogni cinque minuti. Sono pronte quando le senti belle dure. Meglio un minuto in più che uno in meno. Se rimane un po’ cruda al cuore, poi rimane l’anima gnucca, che qui chiamiamo ”osso”, ed è oggetto di dibattiti feroci. C’è chi le vuole solo con l’osso, ma tecnicamente c’è una imprecisione nella cottura. Io, se vengono con l’osso, non sono soddisfatta. Le scoli poi le metti ad asciugare su un canovaccio fino al giorno dopo.
Le faccio la sera e le cuocio il pomeriggio del giorno dopo. Ma possono aspettare anche di più. Il forno, 35/40 minuti a 180, ventilato. Sono cotte quando, bussando sotto, suonano vuoto. Prima di cuocere, incidi la circonferenza affondando il coltello per circa un millimetro, non di più. Per la fiocca (liffia, per usare un termine tuo, glassa per il resto del mondo) io faccio un albume (30 grammi), un pizzico di sale, scorza di limone (quantità, a sentimento. A me piace si senta), 5 grammi di succo di limone, vaniglia e 150 di zucchero a velo. Va montata con le fruste. Deve essere bella densa. La stendi appena uscite dal forno e le lasci asciugare in cucina almeno 8 ore, è comunque una meringa. “
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