Il tuo carrello è attualmente vuoto!
Come capire se il lievito di birra è ancora buono
Come capire se il lievito di birra è ancora buono? Cosa succede quando il lievito è scaduto? Vediamo insieme tutto quello che c’è da sapere per non fare errori e assicurarci sempre un buon risultato dalle nostre ricette.
Com’è fatto il lievito di birra
Per lievito di birra si è soliti intendere un fungo microscopico, formato da colonie di Saccharomyces cerevisiae, ottenute per fermentazione.
In particolare, le cellule del lievito vengono coltivate su un substrato di malto (orzo germogliato) all’interno di fermentatori dove si moltiplicano migliaia di volte.
Alla fine di tale processo, le cellule vengono separate dal substrato nutritizio, lavate ed essiccate ad una temperatura che non supera i 40 gradi centigradi.
Cosa contiene il lievito di birra
Il lievito di birra costituisce una fonte ricca e completa di vitamine B, spesso assunte in scarse quantità nelle diete iperlipidiche, o iperglucidiche, o iperproteiche, oppure quando il consumo di alcool, sigarette o caffè è elevato.
Il gruppo B è un insieme di vitamine molto importante anche per gli sportivi, i bambini in crescita e le persone convalescenti, perché facilita la trasformazione di proteine, carboidrati e lipidi in energia.
Il lievito di birra contiene tutte le vitamine del gruppo B, dosate in buone proporzioni per una loro corretta integrazione (le vitamine del complesso B agiscono in sinergia fra loro, intervenendo sui sistemi di regolazione del metabolismo).
Fa però eccezione la vitamina B12, carente nelle diete vegane, essendo tipica del regno animale.
Nel lievito di birra, alle vitamine del gruppo B si aggiungono selenio, cromo (cofattore dell’insulina e preventivo del diabete mellito), glutatione, zolfo, aminoacidi essenziali (leucina, valina, isoleucina, treonina, fenilalanina, metionina, triptofano, lisina) fosforo, potassio e magnesio.
Fonte: mypersonaltrainer.it
Che differenza c’è tra il lievito e il lievito di birra
La differenza principale con il lievito di birra è la presenza di una grande quantità di batteri lattici che, naturalmente contenuti nella farina, trovano modo e tempo di svilupparsi.
Come verificare se il lievito di birra scaduto è ancora utilizzabile
Per capire se il proprio lievito di birra, passata la data di scadenza scritta sulla confezione, è andato davvero a male e quindi non è più utilizzabile bisogna innanzitutto verificare il colore di questo prodotto. Quindi, la prima cosa da fare è aprire la confezione e controllare di che colore è il proprio lievito. Se è beige è ancora buono mentre se il colore inizia a diventare grigiolino o se si vedono macchie di muffa allora il lievito non sarà più utilizzabile in cucina.
Non è detto, però, che un lievito andato a male presenti questi cambi di colore sulla superficie, quindi, per controllare la sua effettiva efficacia basterà scioglierlo in un bicchiere di acqua tiepida insieme a un po’ di zucchero (è importante usare l’acqua tiebida e non bollente perché altrimenti si annullerà l’effetto lievitante del fungo). Se dopo un po’ di tempo si formeranno delle bolle, il lievito di birra è ancora attivo e quindi potrà essere ancora utilizzato per preparare le vostre ricette preferite.
La tecnica e gli impasti
Altrettanto fondamentale della conoscenza delle materie prime è la padronanza delle lavorazioni. La lievitazione, l’impastamento, la sfogliatura influenzano decisamente il risultato finale.
La lievitazione
Sul dizionario, alla voce “lievito”, si legge: «Insieme di funghi unicellulari, detti saccaromiceti, capaci di trasformare per via enzimatica gli zuccheri in alcol etilico e anidride carbonica; sono responsabili della lievitazione del pane e della fermentazione del vino e della birra; commercialmente sono usati come fonte di proteine e vitamine e nella sperimentazione di laboratorio, soprattutto nel campo dell’ingegneria genetica».
Questa è la definizione, ma il sostantivo racchiude in sé ben altro, qualche cosa di misterioso… di magico. La leggenda attribuisce la scoperta del pane lievitato a una schiava egizia, che dimenticò la pasta destinata alla preparazione di alcune gallette.
Su questa pasta si erano posati spontaneamente dei lieviti e l’avevano fatta gonfiare: la donna, non avendo tempo per prepararne altra, la fece cuocere così com’era. Il suo padrone gradi molto questo nuovo tipo di pane. In effetti, è proprio in Egitto che è nata l’arte della panificazione e della pasticceria.
Nelle tombe egizie sono stati ritrovati semi di cereali e le ricette necessarie per prepararli.
La storia del lievito
Ma la vera storia del lievito ci riporta al 1680 quando, utilizzando un microscopio, il ricercatore Antoni van Leeuwenhoeck osservò i globuli del lievito di birra per la prima volta.
Solo nel 1857, però, grazie al lavoro dello scienziato francese Louis Pasteur, il processo di fermentazione fu finalmente compreso: Pasteur riuscì a stabilire il ruolo chiave del lievito come responsabile della fermentazione alcolica. Lo scienziato aveva ben presto compreso che il lievito è indispensabile per ottenere gli aromi e i sapori del pane. Nel corso della storia, il lievito per panificazione, Sac-charomyces cerevisiae, si è imposto in tutto il mondo come il migliore per far crescere gli impasti.
Noi conosciamo tre tipi di lievito:
- lievito compresso
- lievito chimico
- lievito madre
e tre sistemi di lievitazione:
- lievitazione fisica
- lievitazione chimica
- lievitazione biologica.
La lievitazione fisica
Viene utilizzata soprattutto in pasticceria per la produzione di prodotti quali meringhe, panna montata, pan di Spagna ecc. Questa lievitazione è dovuta all’aria inglobata durante la fase d’impastamento e alla dilatazione termica, in cottura, del vapore acqueo e delle bollicine d’aria presenti nell’impasto.
Si ottiene mediante un intenso lavoro meccanico d’impastatrici come, per esempio, la planetaria, o d’impastatrici continue provviste di un sistema d’insufflamento di aria (impastatrici per paste montate). Uova, grassi ed emulsionanti sono ingredienti che, per la loro struttura chimica, sono in grado di facilitare e stabilizzare l’incorporazione di aria. Nel metodo tradizionale di preparazione del pan di Spagna, per esempio, l’aria viene inglobata nella miscela di uova e zucchero grazie all’azione meccanica dell’impastatrice fino a ottenere una massa montata e stabile alla quale si aggiungerà la farina.
In cottura, l’aria e il vapore acqueo si espandono per effetto del calore, facendo aumentare di volume i prodotto. Per effetto del calore avvengono la coagulazione delle proteine delle uova e della farina e la gelatinizzazione dell’amido. Il prodotto assume così la sua struttura definitiva.
Anche la lievitazione per laminazione fa parte della lievitazione fisica: ne è un esempio la pasta sfoglia, che non contiene lievito. Nelle fasi di preparazione, però, l’impasto subisce diverse laminazioni con incorporazione di materia grassa in diversi strati ma con un’unica struttura. In cottura viene prodotto vapore acqueo che, trattenuto dagli strati impermeabili di materia grassa, causerà il rigonfiamento del prodotto.
La lievitazione chimica
Nella preparazione di alcuni prodotti, come biscotti e torte dette “da forno”, vengono utilizzati agenti lievi tanti chimici, sostanze che producono chimicamente anidride carbonica a contatto con l’acqua o in fase di cottura. I più utilizzati sono bicarbonato di ammonio e bicarbonato di sodio.
Queste sostanze producono entrambe anidride carbonica, ma con alcune differenze.
Il bicarbonato d’ammonio reagisce al calore, formando anidride carbonica e ammoniaca che, se non viene eliminata in cottura, avrà un effetto sul gusto e sul colore del prodotto, alterandolo. Viene usato in pasticceria per prodotti soffici e con una buona alveolatura. Il bicarbonato di sodio genera anidride carbonica ma non origina sostanze odorose.
La produzione di anidride carbonica avviene a contatto con l’acqua ed è più rapida se avviene in presenza di agenti acidificanti. Gli agenti acidificanti sono sali acidi e si trovano in commercio già miscelati con tutte le componenti necessarie (baking powder).
La lievitazione biologica
È la lievitazione più utilizzata in panificazione ed è anche la più difficoltosa, poiché necessita dell’azione di organismi viventi. Si usa soprattutto in panificazione, ma anche in alcuni prodotti dolciari della tradizione.
Un lievito molto utilizzato in panificazione è il Sac-charomyces cerevisiae (lievito compresso, più comunemente chiamato lievito di birra), introdotto direttamente nell’impasto o utilizzato per la preparazione di bighe o poolish. Possono essere utilizzati anche altri tipi di lievito, come il lievito secco attivo, in forma di piccoli granuli, il lievito secco istantaneo, in forma di piccole particelle allungate o il lievito liquido, detto crema di lievito.
Il lievito compresso si compone per due terzi di acqua, mentre la parte rimanente è costituita da proteine, carboidrati, fibre, lipidi e sali minerali. Contiene anche le vitamine del gruppo B (B, B, B ). Va conservato in frigorifero non oltre i 4 °C.
L’altra lievitazione biologica è legata al lievito madre, costituito da batteri lattici omofermentanti, eterofermentanti, eterofermentanti facoltativi e Saccharomyces cerevisiae o altri lieviti presenti naturalmente nella farina. Questo tipo di lievito è utilizzato soprattutto per la produzione di grandi lievitati come il panettone, il pandoro, la colomba ma anche per alcuni tipi di pane.
Gli impasti per prodotti da forno a lievitazione biologica sono composti da organismi viventi, i lieviti, che si suddividono in:
- funghi unicellulari (microrganismi completi, composti da un’unica cellula);
- microrganismi eucarioti (contengono un nucleo ben definito racchiuso da una membrana nucleare che lo separa dal resto della cellula dove è concentrato il DNA);
- microrganismi anaerobici facoltativi: possono vivere sia con ossigeno sia senza.
Nelle condizioni aerobiche (in presenza di ossigeno) si moltipli-cano, mentre nelle condizioni anaerobiche (in assenza di ossigeno) fermentano.
Il lievito compresso
Il lievito compresso è costituito per due terzi da acqua e per un terzo (sostanza secca) da proteine, carboidrati (fra cui trealosio, lo zucchero disaccaride costituente della parete cellulare), una piccola quantità di fibra (circa il 6%), pochi lipidi e sali mi- nerali. La composizione del lievito compresso varia in base al suo utilizzo.
I ceppi contenenti più proteine sono più rapidi nell’azione, hanno una velocità di fermentazione più alta, ma non sono consigliati per gli impasti contenenti molto zucchero oppure per le produzioni che richiedono la surgelazione. I ceppi osmotolleranti e crioresistenti (resistenti alle basse temperature) hanno un contenuto in trealosio maggiore, ma una minore quantità di proteine e quindi una più limitata velocità di fermentazione. Il lievito compresso si conserva in frigorifero, alla temperatura di 1-4 °C.
L‘ambiente di conservazione deve essere fresco e arieggiato, le confezioni del lievito devono essere chiuse in uno strato di carta e avvolte in pellicola per alimenti, in modo che il prodotto mantenga costante la propria umidità. Avvolgere il lievito è importante non soltanto per impedire l’inquinamento o l’essiccamento delle cellule sulla superficie, che potrebbe portare alla perdita della loro attività, ma anche perché in presenza di ossigeno il lievito attiva il metabolismo ossidativo che, generando calore, porta all’alterazione del prodotto stesso.
L’attività enzimatica del lievito compresso
Con «attività enzimatica” si intende l’attività degli enzimi zimasi, ossia la loro capacità di trasformare lo zucchero in anidride carbonica e alcol etilico. Per determinare l’attività enzimatica del lievito esistono diversi metodi.
Metodo rapido
Si prepara una miscela composta da 6,5 g del lievito in esame, 7 g di farina e acqua in quantità tale da raggiungere la consistenza normale di un impasto. Il composto così ottenuto viene formato come un palloncino e messo in un bicchiere con acqua tiepida.
Si calcola il tempo che passa dal momento in cui il palloncino è stato introdotto nel bicchiere fino al momento in cui sale in superficie. Questo tempo, per un lievito di buona qualità, deve essere intorno ai 20 minuti. Se risulta superiore, l’attività del lievito è inferiore alla media.
Metodo con utilizzo di reofermentografo
È lo strumento che studia l’evoluzione, durante la fermentazione, di un impasto sottoposto a sollecitazioni (temperatura, pesi applicati ecc.), in base a un protocollo. Viene misurato lo sviluppo della pasta e, attraverso un sensore di pressione, l’aumento di pressione della pasta in fase di fermentazione. Il risultato del test è dunque formato da due tracciati: la curva di sviluppo della pasta e la curva di rilascio del gas.
La curva di rilascio del gas permette di determinare il coefficiente di ritenzione R, definito come il rapporto in percentuale tra il volume trattenuto nella pasta e il volume totale di gas prodotto durante il test.
Tramite il test reofermentografico è possibile avere informazioni sia sullo sviluppo dell’impasto sia sulla quantità di CO sviluppata e trattenuta efficacemente all’interno della massa: la conoscenza del tempo in cui appare la cosiddetta “porosità” dell’impasto è di grande interesse tecnologico, in quanto esso è direttamente correlato alla durata della lievitazione di un reale processo produttivo. Con questo metodo, oltre a verificare l’efficacia del lievito, si verificano le caratteristiche della farina.
Fonte: Piergiorgio Giorilli “La lievitazione lenta”
Lievito di birra scaduto: si può usare?
Dopo questa lunga parentesi più tecnica, torniamo alle domande che ci siamo posti all’inizio: il lievito di birra scaduto si può usare?
Può succedere che avendo fatto scorta di lievito, con l’idea di congelarlo, ora vi trovate mezzo chilo di lievito di birra scaduto, in fondo al frigorifero. Se fresco, il lievito di birra non ha mai tempi di conservazione lunghissimi e capita spesso di acquistarlo e poi dimenticarselo.
Ho deciso di elencarvi, per questo, qualche inequivocabile caratteristica per farvi capire se il vostro lievito è ancora buono o ha il destino segnato. Ricordatevi comunque che è un alimento naturale e “vivo”: fate attenzione e non sfidate eccessivamente la sorte, valutate le sue condizioni solo se la scadenza è superata da 2-3 giorni al massimo e non oltre.
Colore
Il panetto di lievito di birra fresco si presenta color marroncino chiaro, omogeneo e senza macchie né aloni. Se notate angoli ossidati color grigio o marrone scuro, non usatelo. Ovviamente, non usatelo nemmeno se verificate la presenza di muffa o macchioline verdi, anche se piccole e superficiali.
Superficie
Toccandolo, un lievito di birra fresco e sano risulta asciutto e non lascia traccia sulle dita. Se scaduto, può accadere che diventi unto e viscoso in superficie (controllate bene ogni lato): in questo caso va buttato.
Consistenza
Se provate a spezzare un panetto di lievito, questo si romperà in maniera netta e tenderà a sbriciolarsi un po’. Se vi risulta invece elastico e colloso, e fatica a spezzarsi, non è più un lievito da usare.
Odore
L’odore del lievito di birra fresco è l’aspetto più ambiguo da valutare. Tendenzialmente, dovrebbe avere un odore quasi neutro oppure vagamente di “formaggio”. Non deve essere un sentore pungente o fastidioso, non si deve sentire a distanza. In caso contrario tuttavia, non è detto che il lievito sia da buttare.
Verifica se il lievito è ancora attivo
Sorpresa: se il vostro lievito di birra scaduto non dovesse presentare nessuna delle caratteristiche d’allarme elencate, non date per scontato che possa essere usato. Se sembra sano e intatto, potrebbe comunque essere inattivo, “morto”. Potete procedere alla prova definitiva:
- in un bicchiere versate un po’ di acqua tiepida (tiepida, non bollente e nemmeno troppo calda)
- sciogliete al suo interno un cucchiaino di zucchero
- sciogliete al suo interno anche un pezzetto di lievito
- attendete un’oretta senza mai toccare la miscela né mescolare
Un lievito ancora vivo e attivo, dopo un certo lasso di tempo fa un effetto leggermente effervescente: dovreste notare, quindi, delle bollicine vivaci emergere timidamente in superficie. Se tutto tace e tutto rimane immobile, seppellite il vostro defunto lievito.
Fonte: dissapore.com
Conclusioni
Abbiamo visto il lievito sotto tanti punti di vista, sperando di avervi fornito quante più informazioni possibili per poter rispondere alla domanda iniziale: come capire se il lievito di birra è ancora buono.
Sul mio sito puoi trovare diverse ricette che utilizzano il lievito madre, te ne lascio qualcuna:
Se questo articolo ti è stato utile fammelo sapere sui social e taggami nelle foto dei tuoi lievitati.