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Vendemmia Mastroberardino, il fascino di un rito senza tempo.
La vendemmia, la visita alle cantine e al caveau della storica Azienda Mastroberardino: un viaggio nel tempo tra antico e moderno che emoziona ogni visitatore.
Il periodo della vendemmia è tra i miei ricordi più cari. Un’occasione di festa, come d’altronde tutti i periodi di raccolta in campagna. La vendemmia era la più allegra, soprattutto quando l’annata era buona. Una felicità che iniziava dagli occhi alla vista dei filari: i tronchi nodosi ricoperti di squame marroncine, i tralci con le foglie di tutti i colori dell’autunno, la pienezza delle pigne mature che a stento si riuscivano a tenere nella mano una volta recise. Continuava con l’odore inebriante dell’uva appena macinata, con il rumore delle bollicine quando iniziava la fermentazione.
Avevamo una grande cantina in terra battuta, attrezzata con grosse botti. Inizialmente gli uomini si calavano nella tina per pigiare l’uva con i piedi. Qualche volta ci entravo anche io, vincendo la paura dei ragni. Solo pochi minuti, giusto per accontentarmi. Facevo simpatia, volevo stare sempre in mezzo a loro. Successivamente papà acquistò una pigiatrice con i rulli, ed il mio divertimento diventò quello di girare velocissimamente la ruota quando le donne, arrivando in cantina con il cesto in equilibrio sulla testa, si chinavano e con una sorta di inchino capovolgevano il contenuto nella vasca.
Il fatto che mi lodassero, mi faceva andare più veloce. Imparai che quando la sentivo girare a vuoto, dovevo spingere le pigne con le mani. Le prendevo dal peduncolo, sempre per via dei ragni. Quando diventai più grande, mi piacque di meno.
Con la morte di Minuccio, il nostro colono, tutto questo finì. Papà iniziò a ridurre la produzione e piano piano la vendemmia divenne un’incombenza. Sebbene non fossero curate più come una volta, le viti continuavano a produrre. Lui non rinunciò mai a raccogliere quel poco rimasto. Durante gli anni, una volta in pensione, più o meno in concomitanza con la festa dei morti, la mattina si vestiva per la campagna, prendeva le sue forbici “puta”, qualche secchio vuoto della pittura e se ne andava nei campi. Aveva scelto di curare solo “a vignetella”, un pezzo della sua vita e del suo amore per la terra.
Un amore ostinato e contrastato, ereditato dai suoi genitori.
Un viaggio nei ricordi tra le vigne e la vendemmia Mastroberardino
È nella scia di questi ricordi che siamo andati a far visita all’Azienda di Mastroberardino, duecento anni di storia e di altrettanto amore. Ho ritrovato in quei luoghi e nel prof. Piero la mia memoria. Ricordi comuni e sentimenti condivisi.
Bella l’iniziativa della famiglia Mastroberardino che ha aperto il Mima-Museo ad Atripalda, “un percorso di tre secoli di storia italiana e dei vini d’Irpinia, attraverso le vicende imprenditoriali e personali di dieci generazioni della famiglia Mastroberardino. Un vero e proprio tesoro, consultato e vagliato da Piero Mastroberardino, di oltre 10.000 documenti tra lettere, copie commissioni, ordini, fotografie, che fatalmente si intrecciano con i principali accadimenti del nostro Paese.”
Un grazie speciale a Virginia Picardi e Antonio Dente per la squisita accoglienza ed al prof Piero anche per i suoi ricordi di bambino.