Una vecchia ricetta e un nome diverso per ogni zona o regione: pigne di pasqua, casatiello dolce, crescia dolce, fugassa, ricorda anche il buccellato. Si differenzia prevalentemente per gli aromi.

Il racconto delle Pigne di Pasqua.
“le pignarelle”

La signora Emilia e la signora Giuseppina erano molto amiche. Abitavano vicine e stavano sempre ora a casa dell’una ora a casa dell’altra. Entrambe casalinghe, sposate con figli, si scambiavano consigli e ricette.

Esisteva un solo momento in cui si facevano i dispetti e tacitamente si diventavano antipatiche: la settimana di Pasqua, quando nella case i forni restavano accesi per giorni interi per preparare pizze piene, pizze con l’erba, taralli con il naspro, biscottini, pan di spagna, pastiere, pizza con la ricotta, e …. le pignarelle.

Queste ultime erano l’oggetto della discordia: ognuna voleva primeggiare sull’altra perché, sembrerà strano, ma tra tutto il ben di Dio elencato la ricetta più difficile era proprio quella!

Le due erano solite farsi scambio della pigna, ognuna convinta che l’altra, di fronte all’evidenza dell’assaggio, non potesse non riconoscerne la superiorità. In realtà, erano più o meno uguali: scure fuori, giallo ocra dentro, dure e mangiabili solo spugnate a lungo in un qualche liquido, vino o latte.

Così mi riferisce Carmine, mio marito. La signora Emilia era la mamma. Cucinava benissimo ma le pigne erano la sua spina nel fianco!

Mamma e le pignarelle di Tettella.

Mia mamma non aveva un’amica del cuore, ma quando qualche volta ha provato il risultato è stato lo stesso. Ogni volta sperava in un miracolo: ricordo un grosso pentolone di alluminio posizionato, prima di andare a letto, su una sedia di fronte al camino, tra le coperte. La mattinata successiva trascorreva tra un’alzata e l’altra del coperchio, in una impaziente attesa. Quando, dopo circa diciotto ore, ancora non era avvenuta neanche la prima lievitazione, mamma aggiungeva ancora un po’ di lievito, e metteva l’impasto nei ruoti che portava all’interno dell’auto esposta al sole, in cerca di un maggiore calore. Si incaponiva, perché, come sempre succede, la cosa che desideri di più è quella che non hai!

Tutti gli anni aspettavamo che qualcuno ci regalasse un pezzetto di pignarella di Tettella, la cugina di mamma. Era tra le poche, in tutto il paese, a cui venivano bene e la sua ricetta passava di casa in casa. Si chiamava la pignarella di Tettella anche quando a farla non era lei personalmente.

Perciò io, tanti anni dopo, per accontentare mia sorella, che era rimasta con il desiderio della pignarella, mi sono procurata la ricetta e mi sono messa all’opera. Negli anni, ho fatto tante varianti, compresa quella di utilizzare il lievito madre al posto del lievitino. Ma il sapore cambiava, ed il giudice supremo (mia sorella) scuoteva la testa, delusa. Allora, ho deciso di lasciare la ricetta così com’era, perché i ricordi vanno onorati. Di mio ho aggiunto un po’ di esperienza in fatto di lievitati, utilizzando una farina più forte e lavorando tanto e molto a lungo l’impasto a mano fino a farlo incordare.

E’ un impasto molto pesante e la dose originale, come vedete dal video, supera i cinque chili. Io di seguito vi ho scritto la dose minima. Sarà possibile, per chi ce l’ha, impastare con la planetaria. Se impastate a mano vi consiglio di fare doppia dose. E’ un procedimento lungo e vale la pena, secondo me, di farne qualcuna in più. Io faccio abitualmente la dose intera, che non va né nella planetaria né nell’impastatrice.

Agosto 2014 Montreal: io, zia Maria, sorella di mamma e le pignarelle.

Nella ricetta non erano specificati tutti i pesi: il lievitino non portava la dose dell’acqua (c’è scritto: deve essere un po’ liquido) e soprattutto nell’impasto vero e proprio riporta: farina quanta se ne assorbe.

Ora, io ho cercato di utilizzare meno farina possibile in modo da avere un prodotto più morbido, perché per un dolce così povero di grassi è l’unica soluzione possibile per conservarne il sapore!

Gli ingredienti per due pigne di pasqua piccole o per una grande.

Per 1 Kg e ½ circa di impasto finito:

Lievitino (da preparare 24 ore prima e tenere a temperatura ambiente):

200 g. farina manitoba

50 g. farina 00

250 g. acqua

7 g. lievito di birra

Dopo 24 ore aggiungere in totale ma alternando gli ingredienti come nel video e lavorando bene e a lungo tra un inserimento e l’altro:

380/400 g. di farina (metà manitoba e meta 00);

13 g. di lievito di birra sciolto in 60 g di latte;

250 g di zucchero a velo;

3 uova e un tuorlo,

30 g. di succo di un’ arancia premuta;

 75 g. di burro morbido (ho sostituito la margarina e probabilmente ancora prima la sugna),

una presa di sale,

i semi di una bacca di vaniglia ( o vanillina in ricetta),

la buccia di 2 arance ed un limone grattugiata (ho omesso l’aroma liquore a piacere). .