Un’altra ricetta di pastiera, oltre quella che ci ha regalato il pasticciere Lello Romano di Solofra. Mi ha molto colpito perché Palmina sostiene che la pastiera “adda chiagne”!

La pastiera: origini della ricetta

La pastiera napoletana è un dolce della pasticceria napoletana tipico del periodo pasquale, ma non solo. Ha avuto il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale campano.

La storia di questo dolce campano

La leggenda, che vuole la sirena Partenope creatrice di questa delizia, deriva probabilmente dalle feste pagane e dalle offerte votive del periodo primaverile.

In particolare la leggenda è probabilmente legata al culto di Cerere le cui sacerdotesse portavano in processione l’uovo, simbolo di rinascita che passò nella tradizione cristiana. Esiste anche un’altra leggenda che narra di alcuni pescatori che, a causa dell’improvviso maltempo, erano rimasti in balia delle onde per un giorno e una notte, una volta riusciti a rientrare a terra, a chi domandasse loro come avevano potuto resistere in mare così tanto tempo, risposero che avevano potuto mangiare la Pasta di Ieri, fatta con ricotta, uova, grano ed aromi. Per questo motivo la Pastiera iniziò ad essere simbolo di rinascita, oltre che per gli ingredienti, perché aveva dato una seconda vita a questi quattro pescatori.

Quando è stata inventata la pastiera

L’invenzione della Pastiera risale al XVI secolo, molto probabilmente come una sorta di pizza a metà tra il rustico e il dolce. La prima ricetta scritta è datata 1693 e compare nel trattato di cucina Lo scalco alla moderna da Antonio Latini, scritto e pubblicato a Napoli, dove l’autore lavorò al servizio del primo ministro del viceré Francisco de Benavides. Tra gli ingredienti, oltre a grano e ricotta, erano previsti il formaggio Parmigiano grattato, pepe, sale, pistacchi in acqua rosa muschiata, latte di pistacchi, tutto raccolto in pasta di marzapane stemperata con altri aromi antichi.

La ricetta, modificata e perfezionata nei monasteri del centro di Napoli, rende celebri le pastiere delle suore del convento di San Gregorio Armeno.

Nel 1837, un secolo e mezzo dopo la ricetta di Antonio Latini, Ippolito Cavalcanti scrive la ricetta ormai aderente alla Pastiera dolce di oggi nell’appendice dialettale Cusina casarinola all’uso nuosto napolitano, un compendio della gastronomia popolare di Napoli inserito nella prima edizione del suo trattato didattico Cucina teorico-pratica, facendo però anche riferimento all’antica versione “rustica” da preparare con provola grattata.

Caratteristiche del dolce

La pastiera è una torta di pasta frolla farcita con un impasto a base di ricotta, zucchero, uova e grano bollito nel latte, ricoperto di listarelle della stessa pasta frolla intrecciate a croce di sant’Andrea. La pasta è croccante mentre il ripieno è morbido. Il colore è giallo oro molto intenso. Il profumo e il sapore cambiano a seconda delle spezie e degli aromi utilizzati durante la preparazione. Nella ricetta classica gli aromi utilizzati sono cannella, scorze d’arancia, vaniglia e acqua di fiori d’arancio. Oggi ci sono numerose variazioni alla ricetta classica che vanno dall’aggiunta di crema pasticcera nell’impasto interno, di canditi, al cioccolato bianco nella pasta frolla. Nel Salernitano esiste anche una variante tradizionale ottenuta con il riso, un tempo ampiamente prodotto in loco, al posto del grano. A Mondragone, in provincia di Caserta, invece, la pastiera è preparata senza ricotta con tagliolini di pasta fatta in casa.

Le massaie partenopee la preparano di solito il giovedì santo, il venerdì santo o il sabato santo ma ormai è presente tutto l’anno nelle migliori pasticcerie napoletane.

Oramai la pastiera si consuma in ogni evento familiare, visto che in commercio si trovano molti ingredienti per farla più velocemente, in particolare il grano cotto.

La pastiera napoletana grande

Preparazione 2 ore
Portata Dessert
Cucina Italiana
Porzioni 15 porzioni

Equipment

  • 1 teglia da 33/34 cm o 2 da 24 cm

Ingredienti
  

Per la frolla:

  • 500 g farina di 00
  • 300 g burro (o 150 g di burro e 125 g di strutto)
  • 1 uovo intero
  • 2 tuorli
  • 200 g zucchero
  • 1 pizzico di sale
  • q.b. buccia di arancia e limone grattugiata

Ingredienti per il ripieno:

  • 7 uova medie
  • 580 g ricotta sgocciolata di pecora o mucca
  • 500 g zucchero
  • 430 g latte
  • 720 g grano già cotto
  • q.b. buccia di arancia e limone
  • 100 g latte da aggiungere alla fine
  • 1 fialetta di millefiori o fiori d’arancio o Neroli
  • 70 g canditi

Facoltativa:

  • q.b. cannella

Istruzioni
 

Per la frolla

  • Impastiamo il burro a temperatura ambiente o lo strutto con lo zucchero e il sale, aggiungiamo le uova, la buccia grattugiata di limone e arancia, infine la farina. Lavoriamo poco.
    Compattiamo il panetto, mettiamo nella pellicola e lasciamolo in frigo per almeno qualche ora, meglio ancora il giorno prima per il giorno dopo.
  • Cuociamo il grano (io ho usato Chirico) con il latte, una noce di burro o strutto e con buccia di arancia e limone. Facciamo asciugare bene, mescolando sempre.
  • Mettiamo a raffreddare. Possiamo cuocere anche il giorno prima e conservarlo in frigo.

Per il ripieno

  • Mettiamo la ricotta con lo zucchero in un contenitore e mescoliamo grossolanamente con una forchetta. Chiudiamo con coperchio e passiamo in frigo per almeno una notte.
  • Il giorno dopo con il frullino o in planetaria mescoliamo ricotta e zucchero fino a quando la crema diventa lucida, che significa che lo zucchero si è sciolto. Aggiungiamo il grano freddo.
  • A parte mescoliamo le uova con una forchetta, per far perdere il nervo.
  • Aggiungiamo gradatamente al composto. Aromatizziamo con una fialetta millefiori o fiori d’arancio o anche con qualche goccia di Neroli (io l’ho comprato dal rivenditore per prodotti specializzati per pasticceria, cucina ed altro).
  • In ultimo aggiungiamo i 100 (o i 50 g per la dose più piccola) g di latte. Volendo, aggiungiamo ancora i canditi e la cannella.
  • Prendiamo un pezzo di frolla (più di metà panetto) e stendiamo, aiutandoci con un po’ di farina, in un disco sottile, ca. mezzo cm. e con esso rivestiamo lo stampo imburrato.
  • Togliamo gli eccessi, bucherelliamo il fondo con la forchetta e versiamo la crema di grano fino a mezzo centimetro dal bordo.
  • Ricopriamo con le strisce, che la tradizione napoletana sembra siano lisce e non dentellate come ho fatto io. Voi fate come vi piace di più.
  • Cuociamo in forno già caldo, statico a 180° oppure ventilato a 170°/175° per un tempo dai 50 ai 60 minuti. Lo stecchino deve uscire con qualche piccolissimo granello di ricotta attaccato.
    Quando la pastiera verso fine cottura inizia a gonfiarsi dall'esterno significa che è quasi cotta. Per evitare che le strisce si rompano apriamo lo sportello del forno e mettiamolo in fessura ponendo la lama di un coltello in mezzo. Terminiamo di cuocere per altri 5/10 minuti.
  • La cottura è determinante per la pastiera che “chiagne”. In pratica deve risultare molto umida all’interno.
    Certo è anche una questione di gusto. A me in questa versione è piaciuta moltissimo perché trovo che la cremosità della pastiera venga esaltata.  In alternativa prolungate la cottura di un quarto d’ora, venti minuti.
  • Facciamo raffreddare anche per una notte e poi sformiamo.
    È buonissima anche fredda di frigo, in cui la conserveremo dopo il primo giorno.

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Certo è anche una questione di gusto. A me in questa versione è piaciuta moltissimo perché trovo che la cremosità della pastiera venga esaltata.  In alternativa prolungate la cottura di un quarto d’ora, venti minuti.

Facciamo raffreddare anche per una notte e poi sformiamo.

E’ buonissima anche fredda di frigo, in cui la conserveremo dopo il primo giorno.

Di seguito vi lascio la ricetta con le dosi anche più piccole, per chi desidera preparare una pastiera con uno stampo da 26-28 cm.

La pastiera napoletana piccola

Preparazione 2 ore
Portata Dessert
Cucina Italiana
Porzioni 15 porzioni

Equipment

  • 1 stampo da 26/28 cm di diametro

Ingredienti
  

Per la frolla:

  • 330 g di farina 00
  • 175 g di burro o 150 g di strutto
  • 1 uovo intero
  • 1 tuorlo
  • 130 g di zucchero
  • 1 pizzico di sale
  • q.b. buccia d'arancia e limone grattugiata

Per il ripieno:

  • 3 uova
  • 380 g di ricotta
  • 330 g di zucchero
  • 280 g di latte
  • 480 g di grano cotto
  • q.b. buccia d'arancia grattugiata
  • q.b. Neroli o 1 fialetta di fiori d'arancio o millefiori
  • 50 g di latte da aggiungere alla fine
  • 50 g di canditi

Istruzioni
 

Per la frolla

  • Impastiamo il burro a temperatura ambiente o lo strutto con lo zucchero e il sale, aggiungiamo le uova, la buccia grattugiata di limone e arancia, infine la farina. Lavoriamo poco.
    Compattiamo il panetto, mettiamo nella pellicola e lasciamolo in frigo per almeno qualche ora, meglio ancora il giorno prima per il giorno dopo.
  • Cuociamo il grano (io ho usato Chirico) con il latte, una noce di burro o strutto e con buccia di arancia e limone. Facciamo asciugare bene, mescolando sempre.
  • Mettiamo a raffreddare. Possiamo cuocere anche il giorno prima e conservarlo in frigo.

Per il ripieno

  • Mettiamo la ricotta con lo zucchero in un contenitore e mescoliamo grossolanamente con una forchetta. Chiudiamo con coperchio e passiamo in frigo per almeno una notte.
  • Il giorno dopo con il frullino o in planetaria mescoliamo ricotta e zucchero fino a quando la crema diventa lucida, che significa che lo zucchero si è sciolto. Aggiungiamo il grano freddo.
  • A parte mescoliamo le uova con una forchetta, per far perdere il nervo.
  • Aggiungiamo gradatamente al composto. Aromatizziamo con una fialetta millefiori o fiori d’arancio o anche con qualche goccia di Neroli (io l’ho comprato dal rivenditore per prodotti specializzati per pasticceria, cucina ed altro).
  • In ultimo aggiungiamo i 100 (o i 50 g per la dose più piccola) g di latte. Volendo, aggiungiamo ancora i canditi e la cannella.
  • Prendiamo un pezzo di frolla (più di metà panetto) e stendiamo, aiutandoci con un po’ di farina, in un disco sottile, ca. mezzo cm. e con esso rivestiamo lo stampo imburrato.
  • Togliamo gli eccessi, bucherelliamo il fondo con la forchetta e versiamo la crema di grano fino a mezzo centimetro dal bordo.
  • Ricopriamo con le strisce, che la tradizione napoletana sembra siano lisce e non dentellate come ho fatto io. Voi fate come vi piace di più.
  • Cuociamo in forno già caldo, statico a 180° oppure ventilato a 170°/175° per un tempo dai 50 ai 60 minuti. Lo stecchino deve uscire con qualche piccolissimo granello di ricotta attaccato.
    Quando la pastiera verso fine cottura inizia a gonfiarsi dall'esterno significa che è quasi cotta. Per evitare che le strisce si rompano apriamo lo sportello del forno e mettiamolo in fessura ponendo la lama di un coltello in mezzo. Terminiamo di cuocere per altri 5/10 minuti.
  • La cottura è determinante per la pastiera che “chiagne”. In pratica deve risultare molto umida all’interno.
    Certo è anche una questione di gusto. A me in questa versione è piaciuta moltissimo perché trovo che la cremosità della pastiera venga esaltata.  In alternativa prolungate la cottura di un quarto d’ora, venti minuti.
  • Facciamo raffreddare anche per una notte e poi sformiamo.
    È buonissima anche fredda di frigo, in cui la conserveremo dopo il primo giorno.

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La versione salata della pastiera napoletana

La pastiera napoletana salata (in napoletano ‘a pastiera ‘e grano) è un’apprezzata variante di quella dolce. Si tratta quindi di una versione rustica che si rifà in qualche modo alle prime versioni cinque-seicentesche. È un piatto tipico della Campania la cui preparazione avviene nel periodo pasquale. Secondo la tradizione è un rustico da servire freddo durante il pranzo di Pasqua o per il picnic di pasquetta. Costituisce sia un piatto unico che un antipasto (tagliandola a cubetti). La ricetta si rifà a quella della pastiera dolce, differenziandosi però per il grano precotto ed il ripieno ottenuto dall’unione di insaccati (tipicamente salame napoletano e ciccioli) e formaggi (caciocavallo, parmigiano e ricotta). In alcune varianti si predilige l’utilizzo della pasta brisé e della pasta sfoglia; spesso il salame napoletano viene sostituito da un mix di salumi, mentre i formaggi da Emmental ed Asiago. Negli ultimi anni è stata ideata anche una versione vegetariana, ottenuta con la sostituzione del caratteristico ripieno con verdure miste.

Curiosità e leggende legate alla pastiera napoletana

Ho raccolto online diverse curiosità e leggende legate a questo antico dolce partenopeo, perchè ho pensato che potesse interessarvi come aneddoto da raccontare durante le festività insieme ad amici e parenti.

La leggenda della sirena Partenope

Narra la leggenda che la sirena Partenope, simbolo della città di Napoli, dimorasse nel Golfo disteso tra Posillipo ed il Vesuvio, e che da qui ogni primavera emergesse per salutare le genti felici che lo popolavano, allietandole con canti di gioia. Una volta la sua voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti ne rimasero affascinati e rapiti, accorsero verso il mare commossi dalla dolcezza del canto e delle parole d’amore che la sirena aveva loro dedicato e, per ringraziarla, sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnarle i doni della natura: la farina, la ricotta, le uova, il grano tenero, l’acqua di fiori d’arancio, le spezie e lo zucchero. La sirena depose le offerte preziose ai piedi degli dei, questi riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera, che superava in dolcezza il canto della stessa sirena.

Maria Teresa d’Asburgo-Teschen

Si racconta che Maria Teresa d’Asburgo-Teschen, seconda moglie di re Ferdinando II di Borbone, soprannominata la Regina che non sorride mai, cedendo alle insistenze del marito buontempone, accondiscese ad assaggiare una fetta di pastiera e non poté far a meno di sorridere, e da qui nasce il termine “magnatell’na risata” (tipico detto partenopeo che sollecita le genti alla ilarità).

Massaguano e la pastiera

A Massaquano nel giorno della Festa della Madonna, che coincide con il martedì di Pentecoste, è tradizione avere in casa la pastiera. Questo perché è un dolce legato soprattutto alla Pasqua e anticamente la Pentecoste era l’ultima Pasqua (prima Pasqua dell’Epifania, seconda Pasqua di Gloria o Resurrezione e terza Pasqua Rosata o delle Rose era appunto la Pentecoste). Questo era l’ultimo giorno in cui veniva consumata la pastiera in quanto, prima della diffusione del frigorifero, la conservazione di questo dolce a base di ricotta non era compatibile con il clima caldo della Campania.

pastiera

In Campania la pastiera non è solo un dolce

In Campania il termine pastiera non sempre si riferisce alla pastiera pasquale, ma viene genericamente riferito a piatti, dolci o salati, confezionati amalgamando in frittura uova e salumi con pasta (di solito spaghetti o vermicelli), arricchiti con spezie come pepe e cannella. Spesso questo piatto viene anche definito “frittata di maccheroni” ed è piatto elettivo nelle scampagnate primaverili. Più che una variante “povera”, in quanto senza ricotta, della pastiera di grano, si tratta di un altro tipo la pastiera napoletana, potrebbe essere messa in relazione con dolci più antichi confezionati con fili di mandorle o farina, sostituiti poi dagli spaghetti di grano duro.

Le strisce della pastiera sono decumani e cardi incrociati

In tempi recenti si è diffusa una credenza popolare secondo la quale le listarelle sulla Pastiera debbano essere in numero di sette per simboleggiare la planimetria di Neapolis, ossia tre decumani e quattro cardi incrociati a scacchiera del centro storico di Napoli.

Si tratta di una norma inventata nel 2016, senza alcuna attinenza con le documentazioni storiche e le ricette più antiche.

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