Abiti da sposa…

Questa foto, “Sposi Martignetti Cataldo”, appartiene ad una raccolta, intitolata “Come eravamo”, gentilmente donatami da “montefalcioneonline.it”, a cui va il mio apprezzamento per il valore inestimabile di ciò che vi è contenuto.

L’archivio include foto di matrimoni dall’inizio del secolo fino alla più recente datata 1983.

Mi sono soffermata a guardarle tutte. I volti, gli abiti, i fiori.

Confesso. Qualcuna ha generato in me un moto d’ilarità notevole. Gli abiti da sposa, i veli sulla testa delle spose le facevano assomigliare a sacerdoti ortodossi con il tipico copricapo che scende a coprire le guance. Per non parlare dei bouquet a gambo lungo avvolti nel cellophane, che rimandano a ricorrenze non certamente gioiose.

D’altronde, io stessa vestita da sposa, anno 1985, sembro una mongolfiera. Vestito con collo alto e coroncina di fiori, manica a sbuffo con alette, per fortuna niente velo!

Ho pensato a come nel tempo gli abiti da sposa siano diventati sempre più belli e raffinati.

La moda è cambiata, certo, ma in ogni tempo la donna ha voluto sentirsi una principessa, almeno in quel giorno.

Più lungo, più corto, più o meno ricco, l’abito da sposa è la carta regalo che avvolge i sogni di quasi tutte le donne del mondo: il desiderio di essere amate, desiderate, accarezzate; la voglia di diventare mamma.

E’ un traguardo, l’inizio di una felicità piena di aspettative.

Qualcuno, sul suo cavallo bianco, è arrivato a raccogliere il nostro sogno per trasformarlo in realtà.

Guardo l’espressione seria delle persone ritratte. In quelle vecchie foto si sorride poco, i selfie erano sconosciuti, nessuno sapeva mettersi in posa.

Gli uomini indossano il vestito scuro, un po’ sformato, perché era l’unico in loro possesso, già usato in tutte le occasioni speciali. Le donne un tailleur alla buona o un cappotto con la spilla sul risvolto, le scarpe decolleté, calze coprenti e la borsa col manico corto sull’avambraccio. I volti attenti al segnale del fotografo.  L’occasione richiede un contegno austero!

Le spose hanno un’espressione assorta, quasi cupa. Sanno che quello è un rito di passaggio, dal controllo del padre a quello del marito, dal braccio di colui che le ha generate, al braccio di colui che genererà i lori figli. Conoscono bene il proprio destino, non hanno grilli per la testa. L’amore per loro è un concetto da fotoromanzo. Come tutte custodiscono un sogno romantico, fatto di corteggiamento, di baci, carezze e abbracci teneri sotto le lenzuola, ma la loro vita non sarà questa. Sarà fatta di lavoro, di sacrifici, della cura dei figli e degli anziani, della cucina a pranzo e a cena, delle pulizie di casa.  Sono già un po’ invecchiate, come nella foto, sotto il peso del proprio futuro.

Oggi, invece, cosa si aspettano le spose dal loro matrimonio? Strano a dirsi, forse sotto il velo ci sono ancora più sogni e meno senso pratico di allora. L’amore romantico non perde terreno nella classifica dei desideri femminili, ma si sa, “l’amore è eterno finché dura” (per citare un film di Verdone), e d’improvviso sinistri scricchiolii cominciano a provenire dal ponte sul quale un uomo e una donna, insieme, stanno sospesi sul vuoto che separa i loro due mondi. Un ponte che ogni giorno subisce scossoni e sollecitazioni: mancano le carezze, manca la collaborazione, manca la comprensione, mancano i soldi.

L’egoismo spesso ha il sopravvento e la voglia di vivere una vita separata dall’altro comincia a farsi spazio. Non è un tabù, come per le nostre nonne, che sapevano di aver costituito una società di mutua assistenza, più che un nido d’amore.

Quando accade, nemmeno allora si smette di soffrire, anche se era ciò che si desiderava.

Quanta differenza, in quelle foto, tra i sorrisi briosi e speranzosi delle donne di oggi e dei loro abiti da sposa, e l’espressione assennata e remissiva delle nostre nonne. Su tutte, un velo bianco.